il giardino di enzo

E' grande, pieno di vita, fiori, alberi, animali, uomini, donne

un luogo vario

lunedì 29 novembre 2010

storie di



DECESPUGLIAT (vedi foto)
E' tempo di tornare a fare qualcosa.
Le impalcature sono state tolte da una apposita squadra già da giorni, ma la pioggia ha impedito di tornare alle attività giardinicole del fine settimana.
Mi appresto, mi preparo spiritualmente e attivamente.
Do uno sguardo al decespugliatore, nello stanzino.
Manca tutta la parte terminale.
Controllo meglio: non c'è più niente.
Il sangue in gola e agli occhi.
"Ciao Pippo (il comproprietario dell'aggeggio), hai per caso smontato te il dece?"
"No, io non l'ho più usato..."
"Ecco, c'hanno fregato tutta la parte anteriore..."
"Ma come? Ma chi è stato?"
"E chi lo sa, uno stronzo di sicuro. Ciao"
Pippo mi ha richiamato dopo poco, mi aveva sentito un po' demoralizzato e oltremodo arrabbiato, ha cercato di rincuorarmi. Dopo due giorni dalla scoperta, sono ancora turbato, invelenito, maledicente, deluso.
Come ho già detto, vivere senza le chiavi di casa la ritengo una conquista umana normale, e mi rifiuto di cambiare le mie abitudini per un pezzo di.
Non mi piace chiudere, chiudere è un po' come dire che non mi fido di chi frequenta i miei luoghi, a prescindere.
Certo è che, se ce lo becco, gli spacco la testa.

PROFUMI RICERCATI
Oggi, al ritorno a casa, ho trovato il simpaticissimo Max pieno di cacca, forse di cavallo. Dal sottogola fino a metà torace.
L'ho lavato con un bagnoschiuma ma il puzzo ormai ce l'ho nel naso.
Sto cercando di profumare un po' l'aria mettendo a bollire dell'acqua con foglie di alloro: un po' funziona.

domenica 21 novembre 2010

di acqua, amici e max



Si, lo so che quando si parla del tempo atmosferico vuol dire che non sappiamo di cosa parlare, ma qui si esagera. Piove sempre!
La ditta/squadra smontaggio non ha nemmeno fatto in tempo a smontare l’impalcatura, lasciandone cinque o sette metri giusto davanti al nostro portone, sicché non si può ancora aprire e noi siamo ancora in questo costante e catacombale crepuscolo quotidiano. Bisogna dire che anche quando il portone è tutto aperto non ci vogliono lenti protettive per la luce; il sole entra in casa per cinque minuti alla mattina, in inverno; in estate, dopo mezz'ora dal suo sorgere, gira sul davanti (la casa è parecchio obliqua rispetto al percorso solare, quasi parallela).
Ma tornando all’acqua, ho atteso spesso quelle belle domeniche piovose: “ahh, domani sto tutto il giorno a letto”. E mi organizzo mentalmente già dal giorno prima: giornale, libro, musica, chitarra. Godere e basta.
Si, ma ora basta!

Questo paese aveva 90 mulini fino a meno di cent’anni fa, ed era famoso per le sue industrie a conduzione familiare, tutte collegate all’acqua: mulini per il grano, frantoi per l’olio, grandi filande azionate dalla forza dei ruscelli e dei torrenti. La madre acqua era stata irreggimentata con il mestiere che avevano allora, quando conoscevano bene la forza della Natura e si comportavano di conseguenza. Ci sono entrato in un mulino, ancora ben conservato ed aperto al pubblico, a richiesta. E’ una costruzione ingegnosissima e molto robusta, capace di resistere per secoli alla inarrestabile eventualità dell’acqua.
Anche la casa è costruita in maniera impeccabile, con il grande tetto a usbergo del tutto (finalmente perfetto), le grondaie che si gettano in sotterranei cunicoli che portano l’acqua alle feritoie del muro che contiene il terrapieno, i canali di scolo con i tombini in pietra. Anche da non esperti in materia edilizia si percepisce la passione di quei muratori, ingegneri e geometri che duecento anni fa la tirarono su.

Nuovi arrivi, intanto, si sono aggiunti al Giardino.
Due nostri amici, Sada e Attila, hanno preso possesso di un fondo, lei artigiana della sabbia e del vetro, lui gran tuttofare nel senso più elevato dell’espressione. Ho impiegato un mese a rifare quasi completamente l’impianto elettrico, nei ritagli di tempo (sempre pochi). E con Sada è arrivata anche Pila, una canetta molto bassina ma verace e incazzosa all’evenienza. Gina, generalmente, si accanisce con le più piccole, le piace metterle sotto e fare capire loro chi comanda; con Pila è diverso, sono quasi amiche, penso che diventeranno molto unite.



mercoledì 10 novembre 2010

riscaldamento

Due mesi sono troppi.
E ho aspettato il momento più sbagliato, mi fanno male le mani, la destra credo sia il tunnel, la sinistra non so, magari ho appoggiato male la mano in terra quando caddi, qualche tempo fa.
Mi cimento nella ripartenza, non da zero è vero, ma certo il tono delle braccia e delle mani è un po' scarsino. Anche il cervello non è tanto pronto, si deve creare prima la fusione nucleare: cervello, braccia mani, chitarra. Lo so, tutte le volte è la stessa storia.
Per sgranchirmi accenno qualche cover, spazio da Guccini a CSNY, approdo ai Pink Floyd e sguscio verso gli Who; così, tanto per farmi tornare un po' di calli sui polpastrelli, per non dolermi più dell'impiccio, dell'inciampo, del crampo.

Oggi sono a casa, il temporale incalza e penso al tetto: è pronto, è a posto, con le sue splendide grondaie nuove, di rame.
Penso proprio che l'abbiamo preso per i capelli, il tetto, non credo avrebbe retto a tutto questo piovere.
I ragazzi muratori sono stati bravissimi, albanesi, gentilissimi e premurosi: meglio non poteva essere.
Venerdì smonteranno il cantiere, poi verranno altri a smontare l'impalcatura.

Quando tutto tornerà come prima mi dovrò organizzare e recuperare il tempo perduto, c'è da fare tutto: tagliare, falciare, decespugliare, segare, spostare, riposizionare, suonare.
L'inverno sarà lungo, non mi annoierò.

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